sabato 21 ottobre 2017

Cinema: IT di Andrés Muschietti

Dopo alcuni mesi di assenza torno ad aggiornare il blog con un'altra recensione di uno dei film più attesi degli ultimi anni, "IT".


"IT" racconta la storia di un gruppo di ragazzini, i Perdenti, che nell'estate del 1989 si ritrovano a dover affrontare una creatura che ha la capacità di dare vita alle paure delle sue vittime e che dà loro la caccia. Il film è diretto da Andrés Muschietti, regista di "Mama", ed è il primo adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Stephen King, opera che era già stata trasposta sul piccolo schermo nel 1990 con la famosissima miniserie che vedeva come protagonista Tim Curry nei panni di Pennywise (l'unico elemento degno di nota di un adattamento mediocre che, riguardandolo oggi, mostra ancora di più tutti i suoi limiti).
Il film inizialmente doveva essere scritto e diretto da Cary Fukunaga, regista degli otto episodi della prima stagione di "True Detective" e di "Beasts of No Nation", ma in seguito a divergenze creative il progetto è stato dato in mano a Muschietti, con Gary Dauberman che ha riscritto la sceneggiatura, mantenendo alcuni elementi presenti nella prima stesura ma cercando di avvicinarsi di più al materiale di partenza, e come detto spostando gli avvenimenti dalla fine degli anni '50 alla fine degli '80, per rendere più familiare l'atmosfera e, probabilmente, anche per rendere più attuale il secondo capitolo.

Ormai sono passati quarant'anni dal primo adattamento di un romanzo di Stephen King ("Carrie" nel 1976), e col tempo abbiamo potuto vedere come sia possibile tirar fuori grandissimi film o pellicole al limite del trash dalle opere dello scrittore del Maine.
Solo quest'anno, tra cinema e televisione, abbiamo avuto diverse dimostrazioni di come avvicinarsi ad un libro di King: rimanere fedeli, riuscendo a cogliere lo spirito del materiale di partenza, concentrandosi sugli aspetti più importanti ed i più funzionali a livello cinematografico (l'ottimo "Gerald's Game"); seguire a grandi linee la trama ma prendendosi pochi rischi (la prima stagione di "Mr. Mercedes", molto buona all'inizio ma poco convincente negli ultimi episodi), e poi si possono fare disastri su tutta la linea senza capirne il come ed il perché (il "The Mist" televisivo e la più grossa delusione degli ultimi anni, "The Dark Tower").
"IT" per fortuna rientra nella prima categoria: infatti, partendo dal presupposto che fare un adattamento totalmente fedele sarebbe stato impossibile vista la quantità di eventi presenti nel libro, il film di Muschietti riesce a non tradire gli aspetti più importanti del romanzo, facendo rivivere le atmosfere e dando risalto alle idee ed ai messaggi che sono alla base dell'opera di King, dando vita ad un coming of age a tinte horror.
Da qui in poi inizierò a parlare del film in maniera più dettagliata, cercando comunque di evitare grossi spoiler, consiglio comunque di continuare la lettura solo dopo aver visto il film e di farmi sapere nei commenti le vostre opinioni.



Tra gli elementi ripresi con più successo dal romanzo, una delle cose che ho più apprezzato è stata la resa degli adulti e la "corruzione" di Derry, già nei primi minuti con la famosissima scena di Georgie fino a passare all'attacco della banda di Bowers ai danni di Ben, senza dimenticare poi il terrificante padre di Beverly, uno degli elementi più importanti del romanzo e che ha contribuito a sottolineare la situazione dei protagonisti ed a renderla ancora più inquietante, lasciati in balia delle proprie paure e per questo ancora più uniti nel cercare di combattere un nemico invisibile agli occhi degli adulti. Un piccolo dettaglio che personalmente ho adorato è stato il programma televisivo che ritroviamo più volte nel corso del film dove si parla di clown, delle fogne e di galleggiare, un'ottima idea a sottolineare ancora di più questo aspetto molto importante della cittadina, ormai sostanzialmente succube del potere di IT.


La buona riuscita del film passava soprattutto dal cast e dell'alchimia tra i protagonisti: il lavoro fatto in fase di casting è stato perfetto, i Perdenti sono il fulcro della storia, il rapporto tra loro è costruito benissimo e sono tutti ben caratterizzati (giusto Mike e Stanley hanno un ruolo leggermente più marginale), dando giustamente spazio soprattutto alle loro paure, ed i sette (otto contando anche Jackson Robert Scott, interprete di Georgie) attori scelti hanno fatto un lavoro magistrale.
Su tutti mi sento di sottolineare le performance di tre che, per quanto mi riguarda, hanno rubato la scena: Jack Dylan Grazer, interprete di Eddie, che ha una delle migliori battute del film ed è stato bravissimo nel dare vita alle fobie ed alle paranoie del personaggio indotte dalla madre; Finn Wolfhard, fantastico nei panni di Richie, ogni suo momento è oro e sceglierlo per un ruolo sostanzialmente opposto rispetto a Mike di "Stranger Things" è stata un'idea geniale; e Sophia Lillis che è semplicemente perfetta, bravissima a tratteggiare tutte le sfumature caratteriali di Beverly, con le sue paure e la sua grande forza.


E poi c'è lui, Pennywise: nel film viene data molta importanza alla sua capacità di trasformarsi in base alle paure della vittima, quindi il clown si vede solo in determinati momenti, ma nelle tre scene più lunghe e più importanti Bill Skarsgård regala una grande performance, sfruttando la sua fisicità e facendo un ottimo lavoro anche con le varie tonalità della voce, in particolare nella scena iniziale con Georgie, dando credibilità al momento e riuscendo a passare, nel giro di pochi secondi, da clown che cerca di essere amichevole con lo sfortunato bambino a mostro famelico. A questo proposito, l'uso della CGI ha aiutato a sottolineare l'aspetto più mostruoso di IT, rendendo il personaggio ancora più completo.


Tornando agli aspetti più tecnici, Muschietti ha fatto un ottimo lavoro in fase di regia, costruendo alla perfezione ogni momento, grazie anche alla sceneggiatura che porta ad affezionarci subito ai protagonisti, facendoci stare in ansia con ed insieme a loro nelle scene più horror, come ad esempio durante la prima visita alla casa di Neibolt Street e nella scena del proiettore, ed in quelle più tese come nella parte finale e nello scontro con i bulli, e strappandoci più di un sorriso nei momenti più distesi.
Per fortuna, a differenza di quanto visto nell'ultimo trailer e nell'ultima mezz'ora di "Mama", non ci sono jump scares, motivo in più per lodare il lavoro di Muschietti che aveva già dimostrato, soprattutto nella prima parte del suo precedente film, di avere idee chiare su come mostrare l'orrore. Da sottolineare anche il lavoro in fase di montaggio e la fotografia.
Sono riuscito a vedere il film sia in lingua originale che doppiato, ed a questo proposito ho trovato buono il doppiaggio di Pennywise, mentre invece molto meno quello dei Perdenti, fatta eccezione forse solo per Bill e Mike, quindi il mio consiglio spassionato è di guardarlo anche in lingua originale per poter apprezzare al meglio le performance del cast.


In conclusione, da grande fan di Stephen King e del romanzo sono molto soddisfatto, "IT" è riuscito a non deludere le alte aspettative ed è uno dei miei titoli preferiti degli ultimi anni, attendo con ansia l'uscita in home video dato che Andy e la produttrice Barbara Muschietti hanno già confermato che uscirà una director's cut con circa 15 minuti aggiuntivi, ed è stata annunciata l'uscita del secondo capitolo che arriverà nelle sale (questa volta si spera in contemporanea) a settembre 2019.

giovedì 6 aprile 2017

Cinema: Split di M. Night Shyamalan (SPOILER)

Torno ad aggiornare il blog dopo più di un anno per parlare di un film che attendevo molto e che mi ha sorpreso come non succedeva da tempo: “Split”, ultima opera di M. Night Shyamalan.


Ho sempre avuto un rapporto speciale con M. Night Shyamalan. Sì, nella sua carriera ha preso delle cantonate pesanti e per anni ha dato l'idea di aver completamente perso la bussola: i primi problemi sono nati con “The Happening” (conosciuto qui in Italia con il titolo “E Venne il Giorno”), arrivando poi a “The Last Airbender” ed “After Earth”, due pellicole che hanno rappresentato il punto più basso della carriera del regista, ricevendo recensioni negative sia dalla critica che dal pubblico e risultando anche dei flop a livello d'incassi, partendo da budget piuttosto alti.
Senza tralasciare poi il dimenticabile “Devil”, dove figurava come produttore ed autore della storia, e l'approdo in televisione con una delle serie più nonsense degli ultimi anni, “Wayward Pines”.
Ma prima di questi cinque anni disastrosi, Shyamalan era riuscito ad imporsi come uno degli autori più riconoscibili ed importanti del cinema di genere: incensato da tutti dopo il successo di “The Sixth Sense” e le sei nomination agli Oscar, era riuscito a confermarsi e, per quanto mi riguarda, anche a superarsi con “Unbreakable”, “Signs” e, soprattutto, “The Village”, che è uno dei miei film preferiti in assoluto.
La regia, dei cast sempre azzeccatissimi, la collaborazione con alcuni fantastici direttori della fotografia (penso soprattutto a Roger Deakins in “The Village”) e le sempre bellissime colonne sonore firmate da James Newton Howard hanno fatto si che Shyamalan diventasse uno dei miei registi preferiti, uno dei pochi con la capacità di intrattenermi e farmi provare qualsiasi tipo di emozione possibile, al netto di qualche passaggio a vuoto in fase di sceneggiatura (penso in particolare a “Lady in the Water”, un film comunque fin troppo bistrattato che io ho sempre apprezzato).

Dopo gli anni orribili fatti di Razzie Awards ed insuccessi, l'incontro con il produttore Jason Blum ha dato nuova linfa al regista di origini indiane, con l'uscita al cinema nel 2015 di “The Visit”, per quanto mi riguarda un horror non del tutto riuscito ma con alcuni momenti degni di nota, segno che qualcosa stava finalmente cambiando.
Ed infatti dobbiamo tutti ringraziare l'esistenza di “The Visit” ed il successo avuto al botteghino, perché senza questo film non avremmo avuto il vero (e si spera) definitivo ritorno del regista.
Da qui inizierò a parlare di “Split” in maniera piuttosto dettagliata e con dei grossi spoiler, quindi vi consiglio di riprendere la lettura subito dopo aver visto il film, e magari anche di commentare e farmi sapere la vostra opinione.


SPOILER


“Split” è la storia di Kevin Wendell Crumb e delle sue 23 (o 24?) personalità, e nel corso del film assisteremo a tre filoni narrativi: la parte principale ambientata in un sotterraneo, dove il protagonista tiene prigioniere tre giovani donne, tra cui Casey, di cui conosceremo il passato traumatico attraverso dei flashback; la terza storyline è ambientata al di fuori delle mura del rifugio di Kevin, più precisamente nello studio della dottoressa Fletcher che ha in cura l'uomo ed è a conoscenza della sua situazione.
Già dall'inizio del film veniamo a conoscenza della possibilità che esista un'altra identità, chiamata dalle altre la Bestia; le due personalità più forti, Dennis e Patricia, spingono per fare in modo che questa Bestia riesca a mostrarsi ed a prendere il controllo della luce, mentre le altre cercano, appena ne hanno la possibilità, di richiamare l'attenzione della Fletcher, avvisandola del pericolo imminente.


In “Split” ritroviamo molte componenti che hanno reso speciali i primi film di Shyamalan, a partire proprio dalla regia, con tanti primi piani, alcune splendide carrellate tra i corridoi del rifugio di Kevin ed i suoi soliti sinuosi piani sequenza. In particolare, già nei primi minuti, la scena del rapimento di Casey e delle altre due ragazze da parte di Kevin è il segno del ritorno di un grande regista, che sa come muoversi, creare tensione e ad insinuare i primi dubbi nella mente dello spettatore, riuscendo inoltre a costruire, in pochi secondi, un rapporto che poi si evolverà nel corso del film.
L'altro punto a favore di “Split” è il cast, in particolare i tre attori principali: il lavoro di Betty Buckley, interprete della dottoressa Fletcher e già vista brevemente in “The Happening”, è notevole, in particolare nella scena in cui cerca di smascherare la vera identità in controllo durante una delle ultime sessioni; Anya Taylor-Joy riesce a dimostrare, dopo la splendida performance in quel bellissimo film che è “The VVitch”, di essere una delle stelle più promettenti del cinema, utilizzando al meglio soprattutto lo sguardo magnetico e la sua fantastica presenza scenica.
E poi c'è lui, il protagonista del film, James McAvoy: da quando l'attore scozzese ha iniziato a vestire i panni di Charles Xavier la mia simpatia nei suoi confronti è aumentata a dismisura, e qui ci regala una delle migliori performance degli ultimi anni: delle 24 personalità di Kevin, ce ne vengono mostrate nove, con particolare enfasi su quattro e, soprattutto quando deve cambiare personalità nella stessa scena, è impossibile non rimanere colpiti dalla sua interpretazione.
Personalmente ho adorato Hedwig (in particolare la scena del ballo) ma, tornando alla scena di cui parlavo precedentemente, il momento in cui rivela alla dottoressa di essere Dennis sotto mentite spoglie è stato l'highlight della sua performance, una scena magistrale.


Fino a qui, ho volutamente lasciato da parte quella caratteristica che ha reso Shyamalan particolarmente famoso, il suo trademark: il twist, la sua grande capacità in fase di sceneggiatura di dare un senso ad elementi apparentemente marginali e di renderli centrali e fondamentali per la storia, di ribaltare il punto di vista dello spettatore pur riuscendo a mantenere una coerenza interna rispetto a quanto visto fino a quel momento.
Ed in “Split”, il twist a là Shyamalan assume proprio questa forma svelandoci, solo negli ultimi minuti, la vera natura del film.

They say this one has a surprise ending

La Bestia infatti è reale e, come viene accennato durante il film, nasce dalla convinzione di riuscire ad elevare ogni singolo aspetto della propria persona, diventando quasi un super umano, aumentando la massa corporea e riuscendo anche a sfruttare superfici adatte per potersi arrampicare e, fondamentalmente, strisciare sui muri.
L'arrivo della Bestia da quindi una svolta al film ed apre la strada alla sorprendente rivelazione, che viene costruita da Shyamalan in maniera al dir poco perfetta, strizzando l'occhio ai fan già dalla scena della liberazione di Casey dai sotterranei dello zoo in cui Kevin lavora, con delle note musicali molto familiari a chi ha amato uno dei primi lavori del regista e che, durante il discorso finale allo specchio di Dennis e Hedwig, pronti a farsi guidare dalla Bestia una volta per tutte, diventeranno sempre più chiare svelando la vera natura del film: "Split" è infatti il sequel di "Unbreakable", più precisamente la storia d'origine di un supervillain.
La ciliegina sulla torta arriva nell'ultimissima scena, con il cammeo di David Dunn, l'eroe di “Unbreakable” interpretato da Bruce Willis, che cita la sua grande nemesi, “L'Uomo di Vetro”, l'indimenticabile Elijah Price interpretato dal grande Samuel L. Jackson.


Per me è difficile giudicare il film senza tener conto delle emozioni provate durante gli ultimi cinque minuti, passati tra esclamazioni di sorpresa e gioia, mani davanti alla bocca e palpitazioni: in primis perché, come si sarà capito da questa descrizione, sono uno spettatore molto "passionale": quando un film (o una serie tv) fanno breccia nel mio cuore diventano speciali (come detto in precedenza, Unbreakable" è sicuramente tra i miei film preferiti, secondo solo a "The Village" tra quelli del regista), ed in aggiunta, arrivare al cinema senza essere a conoscenza di questo incredibile colpo di scena, cosa rara al giorno d'oggi, hanno fatto diventare "Split" una delle esperienze cinematografiche migliori della mia vita, soprattutto se si pensa alla ormai diffusissima abitudine di mostrare gli highlight dei film già nei trailer e le recensioni o gli articoli che dopo pochi giorni dall'uscita nei cinema tendono a spoilerare eventi importanti delle pellicole più attese (uno degli ultimi esempi è collegato a "Fantastic Beast and Where to Find Them).
Sempre a questo proposito, Shyamalan ha proiettato il film praticamente ovunque per diversi mesi prima dell'uscita ufficiale, ed è infatti rimasto molto soddisfatto del comportamento delle persone che avevano avuto la fortuna di assistere a quelle anteprime, lasciando la possibilità a tutti di vivere questa fantastica esperienza senza la minima idea di cosa sarebbe successo.
In chiusura, "Split" è sicuramente il grande ritorno di un regista che, con l'aiuto di un produttore capace e senza la pressione di un grande budget, è riuscito a dimostrare di non aver perso il suo tocco e che, in futuro, potrà regalarci altre soddisfazioni, magari iniziando proprio dall'ultimo capitolo della trilogia di "Unbreakable", la cui sceneggiatura sembra già essere in fase di scrittura.